“No alla centrale unica di progettazione”. Lo ha ribadito a Torino il presidente degli architetti italiani, Giuseppe Cappochin, riproponendo la posizione già espressa unitamente alla Rete della professioni tecniche e all’Oice, l’Associazione delle società di ingegneria e architettura aderente a Confindustria.
“Inaccettabile – ha detto ancora Cappochin – l’ipotesi che l’Agenzia del Demanio possa assumere la veste di progettista di opere pubbliche, stazione appaltante e soggetto di committenza delegata da parte di altre Amministrazioni. Per garantire la qualità delle prestazioni professionali e la trasparenza nel processo di esecuzione delle opere pubbliche, è indispensabile puntare ad una chiara ed evidente distinzione tra controllori e controllati, riservando ai liberi professionisti e alle società di ingegneria la progettazione, ed ai pubblici dipendenti il controllo del processo di esecuzione delle opere pubbliche, dalla programmazione al collaudo”.
“Non va poi dimenticato – ha detto ancora – che le norme che, nel passato, hanno tentato di invertire i ruoli, affidando la progettazione interna alle stazioni appaltanti ed attribuendo, contestualmente, ai liberi professionisti e alle società di ingegneria, competenze in materia di verifica dei progetti, hanno puntualmente fallito, alimentando varianti in corso d’opera, contenziosi ed incompiute”.
“Ecco perché – ha proseguito Cappochin – gli architetti italiani sono assolutamente contrari alla proposta di creare un nuovo gigantesco carrozzone pubblico, facilmente gestibile dalla politica, che non potrebbe assicurare la qualità delle prestazioni professionali, garantite dalla concorrenza e dal mercato: si tratterebbe, per di più, di un atto che mortificherebbe i progettisti italiani in un momento in cui tutta la filiera ordinistica e imprenditoriale sta cercando, con forza e determinazione, di superare la grave crisi del settore dei lavori pubblici”.
“Siamo ben consci della necessità di rafforzare i ruoli tecnici delle Amministrazioni: ciò va fatto per le fondamentali fasi di programmazione e controllo del processo di esecuzione delle opere pubbliche e non per le attività di progettazione in house, rischiando di riproporre modelli statalisti, certamente anacronistici, più onerosi e senza eguali in Europa”, ha concluso il presidente degli architetti italiani”.
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